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Come riconoscere e difendersi dai manipolatori emotivi?

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“Era solo uno scherzo, non hai proprio senso dell’umorismo!”, “Se mi amassi davvero, faresti quello che ti chiedo”, “Nessuno ti capirà mai quanto ti capisco io”. Se queste frasi suonano un po’ “strane” è perché lo sono. Sono espressioni tipiche dei manipolatori emotivi, ovvero di tutte quelle persone che manipolano emotivamente, anche con ricatti, l’altra persona, che sia partner, amico o amica, familiare. Fondamentale, in questi casi, è riconoscere la situazione perché, essendo comportamenti molto subdoli, si può fare fatica a rendersi conto di essere manipolati. Saperli riconoscere vuol dire rendersi conto della situazione e poterne uscire.

Manipolatori emotivi, chi sono

Partendo da un identikit generico, il manipolatore emotivo può essere uomo o donna, anche se la letteratura evidenzia che la maggior parte delle volte sono uomini, che riesce a controllare i pensieri, le emozioni e i comportamenti dell’altra persona. Attenzione, non necessariamente dev’esserci tra le due persone un rapporto sentimentale, può essere un manipolatore anche un parente o un amico. Ovviamente, da questa situazione, il manipolatore cerca di ottenere tutto quello che vuole, sfruttando a suo piacimento la situazione.

«Il manipolatore, di solito, adotta una comunicazione di natura passivo-aggressiva, o direttamente aggressiva, poiché vuole imporsi sulla vittima. Tipicamente, le persone manipolatorie desiderano che le cose vengano fatte secondo ciò che loro ritengono giusto. Tendono a voler avere sempre ragione, sono molto rigidi e controllanti. In taluni casi, si può riconoscere un funzionamento di personalità narcisistico, borderline o antisociale, evidenziando un’autostima fragile che necessita di continue conferme e supporto esterni. È il manipolatore emotivo ad aver bisogno dell’altro, non viceversa, ma cerca di far credere il contrario» spiega la dottoressa Alessia D’Angelo, psicologa di MioDottore nel tracciare l’identikit.

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Solitamente i manipolatori sono di tre tipi: «L’intimidatorio è colui che presenta uno stile comunicativo e comportamentale visibilmente aggressivo, minaccioso e offensivo, con ricatti e/o silenzi punitivi. Il seduttore è invece colui che inizialmente appare come il partner perfetto, pieno di iniziativa e propositivo, ma ogni proposta è volta a soddisfare se stesso, senza l’intento reale di rendere felice il partner. Infine, Il bravo ragazzo che agli occhi esterni può sembrare un partner impeccabile, innamorato, presente, attento e disponibile. Tuttavia, si pone con finta accondiscendenza verso i bisogni del partner, comportandosi in realtà in modo freddo, distaccato e punitivo».

Che cos’è la manipolazione emotiva

Ma in che cosa consiste la manipolazione emotiva? In generale si tratta di una serie di comportamenti attuati per avere dei vantaggi personali a scapito della persona che è accanto. Gli atteggiamenti sono prevaricatori e controllanti e tendono a far sentire a disagio l’altra persona e a farla sentire una vittima. Si instaura un rapporto di vittima e carnefice anche perché la prima inizia a essere isolata da famiglia e amici.

Come spiega l’esperta, l’aspetto più inquietante è che questi atteggiamenti non sono sempre evidenti, e quando lo sono sono aggressivi, ma molto spesso si tratta di comportamenti subdoli, difficili da riconoscere.

I metodi usati dai manipolatori emotivi

Quali sono le tecniche maggiormente utilizzate in questi casi? «Prima di tutto la seduzione, usata come arma per “catturare” la vittima, poi le bugie e tutti quei comportamenti che instillano o alimentano il senso di colpa nella vittima, allontanamento da amici e parenti. Si aggiungono ricatti emotivi, limitazione della libertà di espressione dei propri bisogni, pensieri, emozioni o desideri, una comunicazione passivo-aggressiva o totalmente aggressiva, comportamenti svalutanti e/o minimizzanti, il silenzio punitivo e la negazione costante delle proprie azioni rovesciando la responsabilità sul partner».

Come riconoscere questo comportamento? Prima di tutto da alcune frasi, come per esempio «“Quindi mi stai dicendo che sono io il/la cattivo/a?”; “Se mi amassi, faresti quello che ti chiedo.”; “Nessuno ti capirà mai come faccio io, sei così fortunato/a ad avere me.”; “Fai sempre le stesse cose sbagliate: non posso fidarmi di te.”; “Sei troppo sensibile, devi imparare a non prendere tutto sul personale.”; “Mi fai sentire così male quando esci con i tuoi amici, non ti rendi conto di quanto mi ferisci”, “Non l’ho mai detto/fatto, ti stai immaginando tutto”» riporta l’esperta.

Un altro campanello d’allarme sono i ricatti emotivi: «Consistono nella minaccia, diretta o indiretta, di punire la vittima se non soddisfa le aspettative del manipolatore. Il ricattatore emotivo la conosce bene e sfrutta questa vicinanza per colpirla nelle sue aree più fragili e vulnerabili. La vittima, per paura delle conseguenze, tende ad accontentare e assecondare il manipolatore, arrivando persino a mettere in discussione la propria percezione della realtà. La visione del manipolatore appare sempre più “giusta” rispetto alla propria. Il ricatto emotivo può essere esplicito, con minacce chiare, oppure più sottile, veicolato attraverso comunicazioni verbali e non verbali mirate a infondere il senso di colpa e sottomissione nella vittima».

Come riconoscere e allontanarsi da un manipolatore emotivo

Al lungo elenco si aggiungono anche reazioni irritabili, una solo apparente disponibilità verso di noi quando in realtà non è così, il ricorso al silenzio punitivo, cambiamenti improvvisi di affettività, cioè da affettuoso a freddo e distaccato se non si fa come dice l’altra persona.

Come difendersi da tutto ciò? «Bisogna innanzitutto mettere in discussione la relazione e ciò che essa porta nella propria vita. E’ necessario prendere le distanze, pur essendo consapevoli che inizialmente sarà complesso e faticoso. Inoltre, è utile sviluppare l’assertività per difendere i propri bisogni, scopi e spazi personali. Infine è sempre meglio chiedere aiuto, ricorrendo a un supporto professionale. Questo gesto è un atto di profonda cura verso se stessi» conclude la dottoressa.

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