L’autosabotaggio è più femminile, cioè si presenta maggiormente nelle donne, invece che maschile? Sì. La distinzione non è così netta però in effetti le donne hanno una maggiore tendenza a questo fenomeno, che si verifica in ogni ambito nella vita. Smettere di avere questo tipo di atteggiamento è possibile, scardinando la narrazione e l’abitudine familiare a cui siamo sempre state abituate. Un lavoro complesso.
Autosabotaggio è femminile, secondo un recete studio
Gli esperti l’hanno soprannominato Cinderella Complex, ovvero la tendenza all’autosabotaggio, al pensare di non essere mai abbastanza e all’altezza, al conformarsi alla narrazione che la famiglia ha destinato a noi, anche se ci sta stretta. Un atteggiamento che è tipico delle donne. A confermarlo anche un recente studio pubblicato sull’Indian Journal of Health and Wellbeing e che ha messo a confronto alti dirigenti, uomini e donne, aziendali. Il risultato? Le donne hanno peccato di scarsa autostima, paura del fallimento e una serie di atteggiamenti volte ad autosabotarsi appunto. A differenza degli uomini.
«Anche se sembra strano, l’autosabotaggio è un meccanismo di difesa attuato dal nostro cervello. Le persone tendono a proteggersi da situazioni nuove o percepite come al di sopra delle proprie possibilità. Si ha paura non solo del fallimento, ma anche del successo. Avere successo implica alle volte mettere in discussione una rappresentazione di noi stessi consolidata e questo ci spaventa. Spaventano inoltre le conseguenze dell’avere successo. Ad esempio per una donna avere successo nel lavoro, potrebbe significare fare delle rinunce in altri ambiti della vita come quello relazionale e familiare altrettanto importanti» spiega la Dottoressa Angela Guadagno, psicologa di MioDottore. Quindi per paura delle cose a cui di dovrebbe rinunciare, si mette in atto un meccanismo difensivo.
Getty Images
Che cos’è l’autosabotaggio e perché avviene?
«L’autosabotaggio si riferisce a quei comportamenti o atteggiamenti che le persone possono adottare, consciamente o inconsciamente, per ostacolare il proprio successo o la propria felicità. Questo fenomeno può manifestarsi in diversi ambiti come il lavoro, le relazioni o la salute mentale. Il termine “autosabotaggio” non ha un’origine precisa in psicologia ma è spesso associato ad altri concetti come quello di “autoeffiacia” di Albert Bandura, ovvero la percezione di sé come capaci o incapaci di portare a termine un compito o di raggiungere un obiettivo o al concetto che tutti conosciamo di autostima».
Non è però soltanto paura di fallire, sarebbe sbagliato ridurre tutto a questo. Come spiega l’esperta, dietro a questo atteggiamento c’è anche il modo in cui le persone vedono loro stesse e i legami affettivi che hanno costruito, soprattutto durante l’infanzia e l’adolescenza. Ovvero quanto ci interessa soddisfare ancora le aspettative e i mandati familiari. «Ad esempio, diversi studi ci suggeriscono che le persone che sviluppano nei confronti degli altri un attaccamento insicuro, ovvero si fidano meno del prossimo e hanno aspettative negative sulle relazioni che instaurano, tendono più facilmente a mettere in atto comportamenti che portano al fallimento di queste relazioni. Quindi tendono ad autosabotarsi. È chiamato anche “profezia che si autoavvera”: se pensiamo che una relazione o un’esperienza andrà male è molto probabile che faremo di tutto perché ciò si verifihi, facendo attenzione in modo particolare solo agli aspetti negativi. Se nella mia infanzia ci sono state diverse esperienze importanti che mi hanno portato a credere di “non essere all’altezza”, di non essere capace, questa sarà una convinzione molto radicata che mi porterò in altre situazioni di vita. Se nel mio sistema familiare, sono stata “scelta” come la figlia che deve prendersi cura dei genitori e che quindi deve restare vicino alla famiglia, sarà difficile realizzare i propri progetti d’indipendenza e di successo andando contro le aspettative della famiglia. A ciascuno di noi viene assegnato un “mandato” dalla famiglia d’origine che alcune volte va contro i propri bisogni di crescita e di auto realizzazione».
Quali sono le ripercussioni di questo atteggiamento? «Tendenzialmente si hanno delle ripercussione sulla salute mentale, nel senso che si sviluppano stati di ansia, forme di depressione ma anche di dipendenza che hanno alla base il conflitto tra ciò che una persona vorrebbe essere e desidera internamente e ciò che si impone di essere per seguire convinzione e limiti imposti dalla famiglia e dalla società ed interiorizzati».
L’autosabotaggio è una tendenza prettamente femminile
Sebbene, come spiega l’esperta, la distinzione non è così netta, nel senso che anche alcuni uomini possono adottare certi meccanismi, è però vero che questo tipo di comportamento è più tipico nelle donne. Il motivo è molto semplice: per cultura sono sempre state portare a dover svolgere un ruolo di accudimento, a “doversi mettere nei panni altrui”, a essere attente ai bisogni e alle esigenze degli altri, ponendosi quindi in secondo piano.
«Ciò induce ad ascoltarsi poco e a rinunciare spesso al proprio successo e benessere per il bene della famiglia e della società. La donna da sempre è più abituata ad assumere un ruolo sacrificale. Inoltre le donne sono più sensibili alla paura del fallimento ed al giudizio altrui, perché da sempre hanno dovuto sviluppare tratti tendenti al “perfezionismo”. Pensare di dover essere perfette e di non potersi concedere errori, porta molto spesso a procrastinare, o addirittura a rinunciare perchè non ci si crede all’altezza dei propri obiettivi». Un altro atteggiamento tipicamente femminile è anche quello di pensare di non meritarsi il successo, ritenendo altre persone, solitamente uomini, più preparati e competenti.
Come superare questo comportamento
Primo comportamento da avere è quello di ascoltare di più le proprie emozioni e sensazioni, dialogare con se stesse così da diventare più consapevoli dei propri bisogni: «Si tratta prima di tutto di conoscersi di più e di diventare consapevoli di schemi inconsci che guidano i nostri comportamenti ed in questo la psicoterapia è senza dubbio un valido aiuto. Se infatti si vuole iniziare un percorso psicoterapico, si lavora prima sulle cause originarie e traumatiche di queste difese e delle convinzioni che vi sono alla base; si lavora sul modificare la narrazione che il paziente ha di sè e della propria storia, aiutandolo a svincolarsi da mandati e limiti imposti dalla famiglia d’origine. Il paziente è aiutato a costruire un’immagine di sè più reale, comprendendo i limiti e le risorse, cosa gli manca e quali sono i suoi punti di forza. Si suggeriscono inoltre strategie di pensiero alternative per interpretare le esperienze di vita per mettere in atto comportamenti più funzionali al proprio successo e alla propria crescita».
Imparare a vedersi con nuovi occhi è importante perché si mettono in luce aspetti che non si conoscevano di se stesse.
iO Donna ©RIPRODUZIONE RISERVATA
L'articolo Autosabotaggio femminile, come si esce da questo circolo vizioso? sembra essere il primo su iO Donna.